Malattia autoimmune e alimentazione: il cibo può fare la differenza?

Si stima che più di 700 milioni di persone al mondo siano affette da una qualche malattia autoimmune, ma, nonostante questo, la medicina non offre ancora un trattamento idoneo e definitivo.

Fortunatamente però, la medicina funzionale attraverso strategie nutrizionali e interventi sullo stile di vita può avere profondi effetti positivi sul sistema immunitario. Rivedendo la letteratura scientifica, analizzeremo la stretta connessione fra specifiche strategie alimentari e le patologie autoimmuni.

Il collegamento fra la dieta e una malattia autoimmune

Le patologie autoimmuni affliggono oggi una persona su dieci nel mondo e il trend non sembra certo essere in fase di rallentamento. La terapia convenzionale solitamente utilizza alcuni farmaci come gli steroidi e gli immunosoppressori per approcciare queste malattie, senza però raggiungere l’origine delle cause scatenanti la patologia stessa e provocando inoltre una lunga serie di sintomi, fra i quali: aumento di peso, acne, cambiamenti umorali, debolezza, osteoporosi, diabete, pressione alta e aumento del rischio di infezioni. Nessuna attenzione viene mai data alla dieta o allo stile di vita, quando purtroppo le ricerche dicono tutt’altro.

L’approccio della medicina funzionale verso la patologia, invece, cerca di identificare il motivo per cui si sta verificando l’autoimmunità, tentando quindi di affrontarne le cause. In questo percorso, fondamentale è trovare la giusta dieta da seguire. Esistono ben sei diversi protocolli alimentari da adottare in caso di una malattia autoimmune e oggi ti presentiamo quelli che a nostro avviso sono i più efficaci.

La dieta Paleo

Ne abbiamo già parlato in passato (qui l’articolo). Questo tipo di approccio elimina gli alimenti infiammatori e in grado di causare danni all’intestino. La permeabilità intestinale, infatti, risulta essere un prerequisito in chi ha una malattie autoimmune. Sostituire gli alimenti altamente infiammatori con alimenti ad alta densità nutritiva, significa prediligere la concentrazione e la biodisponibilità di micronutrienti e amminoacidi, gli elementi costitutividelle proteine, in tali alimenti. Via libera, dunque, a molluschi, pesce, uova, pollame, carne rossa e interiora, verdura, frutta fresca, semi e frutta secca.

I nostri antenati raccoglitori e cacciatori non erano affetti da nessun tipo di malattia autoimmune, cosa invece molto comune nel mondo industrializzato. Da questo si può evincere che fattori ambientali come la dieta e lo stile di vita svolgano un ruolo importante nell’autoimmunità.

Consumando per almeno 30 giorni una dieta più allineata con la nostra biologia e contenente meno alimenti infiammatori, si potranno constatare spesso notevoli miglioramenti nella malattia e rallentamenti nella sua progressione.

Anche se la dieta Paleo di base è un ottimo punto di partenza, però, chi ha una malattia autoimmune deve portare avanti la propria dieta in modo più approfondito seguendo alcune strategie avanzate di seguito descritte.

I mitocondri e il protocollo Wahls

Si tratta di una versione modificata della dieta Paleo secondo un approccio della medicina funzionale.

mitocondri sono i produttori di energia delle cellule e convertono i carboidrati e i grassi che consumiamo nell’energia necessaria per le cellule al fine di svolgere tutti i loro compiti. Ogni cellula del corpo contiene mitocondri e alcune ne contengono addirittura migliaia, ma essi sono ben più di una semplice “centrale elettrica” per la cellula: questi organelli forniscono anche segnali alle cellule, producono alcuni ormoni steroidei, partecipano alla sintesi dell’eme per il trasporto di ossigeno in tutto il corpo e regolano persino la morte cellulare programmata.

Quando i mitocondri non funzionano come dovrebbero, le cellule possono avere difficoltà a svolgere queste importanti funzioni. Una lieve disfunzione mitocondriale può provocare affaticamento e confusione mentale, mentre una grave disfunzione mitocondriale gioca un ruolo fondamentale in una vasta gamma di patologie croniche, tra cui diversi tipi di malattia autoimmune. I mitocondri sono inoltre particolarmente sensibili alle carenze nutrizionali.

Per massimizzare l’apporto di nutrienti e la funzione mitocondriale, il protocollo Wahls include nove tazze di frutta e verdura al giorno da consumare crude o cotte a bassa temperatura, tra cui:

  • tre tazze di verdure a foglia verde: bietole, cavoli, spinaci o lattuga per il contenuto di vitamina C.
  • tre tazze di verdure ricche di zolfo: broccoli, cavolfiori, cavoli, cipolla, aglio, asparagi e funghi per ottimizzare la disintossicazione.
  • tre tazze di frutta e verdura colorata (idealmente tre diversi colori al giorno): barbabietole, carote, bacche, pesche e agrumi per il loro contenuto in antiossidanti e flavonoidi.

Sono inoltre raccomandati ogni giorno carne proveniente da animali alimentati ad erba, pesce e grassi salutari oltre al brodo di ossa e alimenti fermentati. Alghe e frattaglie dovrebbero essere incluse nell’alimentazione una volta alla settimana. Per aumentare l’efficacia del protocollo e il benessere del paziente, Wahls propone anche la meditazione, l’automassaggio, l’esercizio fisico e la stimolazione elettrica neuromuscolare.

La dieta a basso contenuto di amido

L’amido è l’energia in eccesso immagazzinata dalle piante sotto forma di una lunga catena di zuccheri. Anche se la dieta Paleo rimuove diverse fonti di amido, questa sostanza si trova comunque in alcune verdure come le patate dolci, la manioca, la tapioca e le banane acerbe. Nonostante l’amido sia considerato una sostanza sana e le verdure amidacee siano ritenute benefiche per i batteri positivi dell’intestino, alcune persone potrebbero manifestare problemi nell’assumerlo e dovrebbero quindi eliminare i carboidrati complessi e assumere invece le verdure non amidacee.

Secondo la ricerca, coloro che possiedono un certo gruppo di geni noti come HLA-B27 possono essere predisposti a sviluppare diverse patologie autoimmuni, come ad esempio la Spondilite Anchilosante(SPA), il morbo di Crohn, la colite ulcerosa, la psoriasi e altre. I pazienti che soffrono di SPA ospitano nel loro intestino numerosi batteri Klebsiella che crescono facilmente con l’amido. Ecco perché la dieta a basso contenuto di amido potrebbe aiutare in questi casi.

Anche la dieta GAPS e la dieta SCD (Dieta dei Carboidrati Specifici) sono entrambi protocolli a basso contenuto di amido, utilizzati da tempo con ottimo successo per la salute dell’intestino e per il trattamento di vari tipi di malattia autoimmune.

La dieta low-carb o chetogenica

Anche se la ricerca non considera ancora le diete a basso contenuto di carboidrati o chetogeniche come valida strategia per trattare le patologie autoimmuni, molti possono beneficiare da un approccio dietetico simile. La dieta chetogenica non è semplicemente una dieta a basso contenuto di carboidrati bensì uno shift metabolico dove il corpo utilizza i grassi invece del glucosio come fonte energetica; questo porta una serie di benefici sia a livello cognitivo che infiammatorio. Non è da confondere il termine chetosi con chetoacidosi in cui possono trovarsi i diabetici, bensì i corpi chetonici sono prodotti dal fegato a causa di questo shift metabolico.

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Le diete chetogeniche tendono a ridurre lo stress ossidativo e ad aumentare l’attività antiossidante, determinando una netta diminuzione dell’infiammazione. Esse aumentano inoltre la formazione di nuovi mitocondri, stimolando la crescita di nuove cellule. Le diete a basso contenuto di carboidrati e ad alto contenuto di grassi hanno anche un impatto significativo sulla composizione del microbiota intestinale.

Vi sono 5 variazioni di dieta chetogenica (classica, modificata, MCT, Atkins modificata, a basso indice glicemico e con digiuno intermittente), con differenti proporzioni tra grassi, proteine e carboidrati. Erroneamente la dieta chetogenica viene considerata alta in proteine ma non lo è in quanto un eccesso di proteine non permetterebbe di entrare in chetosi; bensì è alta in grassi, medio bassa in proteine e bassa in carboidrati provenienti esclusivamente da verdure a bassissimo indice glicemico.

D’altra parte, altri pazienti, per esempio coloro che soffrono della malattia di Hasimoto o di Graves, probabilmente risponderebbero meglio ad una dieta a moderato apporto di carboidrati.

La dieta del protocollo autoimmune (AIP)

Si tratta di una dieta di tipo Paleo che rimuove cereali, legumi, latticini, olii di semi raffinati e zucchero raffinato, ma raccomanda anche la rimozione iniziale di uova, caffè, alcool, noci e semi. Anche se questi alimenti sono perfettamente idonei per la maggior parte delle persone, coloro che soffrono di patologie autoimmuni possono essere particolarmente sensibili a questi cibi che potrebbero esacerbare l’infiammazione intestinale e l’attivazione immunitaria.

Come per il protocollo Paleo, la dieta AIP incoraggia il consumo di alimenti nutrienti come il brodo di ossa, le frattaglie e i cibi fermentati. Prevede una fase di eliminazione, una di mantenimento e la successiva reintroduzione di alcuni alimenti, consentendo così di identificare potenziali intolleranze alimentari.

Secondo uno studio recente, la dieta AIP ha dimostrato il suo potenziale nel trattamento delle malattie infiammatorie intestinali (IBD).

La dieta mima-digiuno

Sappiamo che il digiuno a sola acqua offre molti benefici per la salute, tra cui la regolazione della glicemia, la rigenerazione del sistema immunitario e la manutenzione cellulare, ma risulta difficile per la maggior parte delle persone e può causare effetti negativi sulla salute fisica e mentale a causa della sua natura estrema. I ricercatori hanno quindi tentato di progettare protocolli che imitino i benefici fisiologici del digiuno prolungato senza il peso della completa restrizione alimentare.

La dieta mima-digiuno dunque è una dieta ipocalorica, a basso contenuto di proteine e ricca di grassi che causa cambiamenti nel glucosio, nei corpi chetonici e nei fattori di crescita specifici simili a quelli osservati durante il digiuno prolungato a base di acqua. Si avrà quindi un ciclo di restrizione calorica e la successiva ripresa dell’alimentazione, come ad esempio cinque giorni di restrizione e alimentazione normale per il resto del mese, ripetendo per tre mesi.

Coloro che hanno provato altri approcci dietetici senza successo possono trovare il massimo beneficio da una dieta che imita il digiuno. Tuttavia, non tutti sono buoni candidati per una dieta simile: i pazienti che dovrebbero evitare questo tipo di protocollo includono le donne in gravidanza o coloro che soffrono di “affaticamento surrenale”, una disfunzione dell’asse HPA, di disturbi alimentari o problemi alla tiroide. Il digiuno non è raccomandato per i bambini o gli adolescenti.

Quale dieta deve seguire quindi chi ha una malattia autoimmune?

La dieta migliore per il tuo caso specifico potrebbe essere dunque una di quelle citate o una combinazione di queste. Data la sovrapposizione di alcuni approcci nei protocolli indicati, un buon modo per capire quale dieta è ottimale per te potrebbe essere sperimentare e osservare la reazione del tuo organismo ad una combinazione di queste strategie; questo perché ogni persona affetta da una malattia autoimmune risponde in modo diverso agli approcci dietetici di cui abbiamo parlato.

 

 

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